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Confessioni di un chiodatore seriale

Non riesco a farne a meno, è una pulsione che non controllo. Quando vedo una parete il mio “niño rocho” comincia a vibrare e agitarsi e le mi mani fremono. Lo confesso: sono un chiodatore seriale". Ecco le mia confessioni di un serial bolter.

Mi perdoni Mark Twight se mutuo il titolo del suo libro, ma anche il mio vuol essere un omaggio a quel libro scritto con l’acciaio nella roccia verticale. Lo confesso: sono un chiodatore seriale”. Ecco le mia confessioni di un serial bolter.

Non riesco a farne a meno, è una pulsione che non controllo. Quando vedo una parete il mio “niño rocho” (un trapano Hilti TE 6-A36, anzi, più di uno) comincia a vibrare e agitarsi.

La scelta di dove scatenare le sue punte a quattro taglienti  lame segue vie strane e tortuose, disdegna i posti più noti per dedicarsi a quegli angoli un po’ negletti che per vari motivi vengono ignorati o “schifati” dai più. Sono quei luoghi che non danno un ritorno economico o d’immagine, non sono alla moda… si cammina troppo, c’è troppo lavoro di pulitura, etc., etc.

E allora sorge la domanda: perché dedicare energie e soldi (molti!) per sviluppare questi siti? Chi lo sa ?

Forse, la voglia di andare contro corrente, la voglia di strapparsi dalla normalità (cosa sia la normalità poi è un discorso molto delicato) o forse la voglia di aiutare i “piccoli”, i “domenicales”, quelli che alla fine si divertono su qualsiasi cosa sia un po’ di roccia in un bel posto anche se i gradi non sono da “top climber”. O forse per vanità, per mettersi in mostra dicendo “io sono diverso”. Ai posteri l’ardua sentenza!

Portando avanti questa attività, ti capita di ritrovarti in posti eccezionali guidato dall’istinto o dal fato: vai in Spagna a cercare un grottone che pensi isolato… e trovi una falesia di due chilometri alta cento metri, vergine, con infinite possibilità (Moraira – Spagna).

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Oppure Marco – Il cacciatore di falesie – ti chiama e ti porta a vedere un angolo nascosto nella montagna di casa tua e ti fa scoprire un gioiellino sorprendente con i suoi tiri veramente duri e la sua roccia fantastica che, se non ci volesse una mezz’oretta per arrivarci, sarebbe una location invasa da orde di climbers (“Nuovo Cinema Maddalena” a Brescia).

E ancora: arrivi in un angolo nascosto fuori dalla porta di casa e si rivela una stranezza fenomenale – “arrampicatoriamente” parlando –  un Pan Ghullich naturale a 45 gradi in mezzo al bosco (“La Biblioteca” a Ghiacciarolo).

Il meglio viene viaggiando; vai in Perù per fare il duro su big wall da urlo e ne vieni rimbalzato clamorosamente. Allora cominci a girovagare a destra e a sinistra e ti trovi incredulo in una Mecca dell’arrampicata: Hatun Machay. Qui, ti accorgi che ci sono un sacco di vie a cui sono state tolte le piastrine (è una lunga storia) e decidi di metterti sotto per ripristinare i vari settori. Prima una ventina di vie, poi compri 500 piastrine per “risistemare” l’intera area!

Lì vicino c’è Inkawatanka, altro posto strepitoso e quindi che fai? Non vuoi lasciare qualche linea anche lì ? Non sia mai!

Poco più distante una paretona che si presta a vie di più tiri! Cosa importa se c’è un bel po’ da pulire: vai di spazzola, poi un fix tira l’altro e ti ritrovi in un sito che è al top delle classifiche mondiali con centinaia di vie durissime, ma dove scarseggiano quelle “normali” (diciamo sotto il 7a). Che fai ? Ti metti a disposizione con leverino, martello e spazzola per ripulire e poi via di trapano su un settore disdegnato fino ad allora. Nasce così un settore “umano” e alla portata dei più: “Mastro Lindo” a Chulilla.

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Chiodare è faticoso, ripulire e preparare la via e la base ancora di più. Ma allora perché ?

Ci vorrà una buona dose di masochismo per sgobbare come un matto per qualcosa che non sai se verrà apprezzata o meno. Aggiungi anche un po’ di narcisismo: il pensiero di lasciare un “segno” del proprio passaggio, una “firma” impressa sulla roccia per dire “sono una mezza tacca però ho fatto anch’io qualcosa”. Forse più semplicemente il motivo è che mi da piacere vedere qualcuno salire sulle linee nate nella mia mente, prima che sotto la punta del mio trapano.

In fin dei conti, ho arrampicato un sacco di anni su vie messe a disposizione da altri… Ora tocca a me ricambiare.

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Mastro lindo – Chulilla

Con le corde ci lavoro, è dall’ambito industriale che deriva la mia “mania” di far le cose a regola d’arte, a “norma”, in fin dei conti poi mi piace far le cose per bene, altrimenti preferisco lasciar perdere.

A volte mi ridono dietro perché quando chiodo il mio è un cantiere “in regola” sotto tutti gli aspetti: doppia corda, solo materiale certificato, fix chiusi con chiave dinamometrica, etc. D’altronde perché fare le cose a metà quando si può farle al 100% ? Io mi sento responsabile – almeno moralmente – del mio operato, quindi… ?

Quando i soldi calano, gli acciacchi dell’età che avanza si fanno sentire, gli “impegni” premono, ti dici “ora basta”, lasciamo fare un po’ gli altri; ma poi qualcuno chiede una mano per “valorizzare” una falesietta per bambini e tu che fai ? Non rispondi ? Non si può.

Don Chisciotte non può rimanere ozioso nella sua biblioteca (Monticolo a Darfo).

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Big wall – Perù

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