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Placa Verde – Hatun Machay – Perù

"Camminare in mezzo a quelle forme e geometrie ti fa sognare davvero": la spedizione dell'instancabile Pietro Rago attraverso le cime peruviane.

La grande caverna

Hatun Machay: «la grande caverna». Nella traduzione italiana si perde la magia evocativa del nome checua, ma solo se non si è la… perché se ti trovi di fronte a quella sterminata distesa di massi di tutte le dimensioni e forme allora la magia, sì, la vedi, eccome!
Ci sono arrivato per caso, girovagando con Ronald (un amico locale) in cerca di roccia da “sforacchiare” con il niño roco (il mio inseparabile Hilti T36). Eravamo stati a Inkawatanka – altro posto strepitoso – dove all’euforia iniziale per la bellezza del posto è subentrata la delusione nel constatare che i lucenti fix inox da 10×80 che mi ero portato da casa erano del tutto inadeguati alla roccia porosa. Ci eravamo rimessi in marcia (più che in marcia in auto) e per non accusare come del tutto l’uscita sprecata, Ronald ha pensato bene di fare una lunga deviazione – su di uno sterrato terribile che sicuramente non ha fatto bene alla sua auto da città, con il cambio automatico – e siamo arrivati al rifugio, punto d’appoggio del «bosco di pietra» com’è anche chiamato qua.

Placa Verde - Hatun Machay - Perù - rifugio

A dire il vero era proprio un punto d’appoggio visto che, dopo l’incendio che l’ha danneggiato, oggi resta poco da offrire al viandante verticale ma, appena si focalizza lo sguardo al di là di esso, sparisce, non lo si vede più perché tutta l’attenzione è catturata dalla vista eccezionale e, se si pensa che ciò che si vede è meno del dieci percento di quel che c’è ad Hatun, c’è da rimanere senza parole.

Placa Verde - Hatun Machay - Perù - rocce

Camminare in mezzo a quelle forme e geometrie ti fa sognare davvero, ma vedere che moltissime vie erano prive di piastrine mi ha colpito e infastidito.
Ronald ha colmato la mia ignoranza da turista gringo raccontandomi un po’ di storia del posto, così ho potuto capire come i disaccordi fra la proprietà e il gestore avevano portato quest’ultimo a schiodare ciò che aveva in precedenza attrezzato.
Il risultato? Decine di vie inutilizzabili.

Un nuovo mattino

Nella mia macchina, però, c’era il mio fido niño roco quindi perché non proporne dei servizi (gratuiti)?
Il responsabile era ben felice che qualcuno si offrisse di aiutare, quindi una volta procurato il necessario – piastrine non inox e “pernos” da 120 – si è cominciato a risistemare i due settori più facilmente accessibili, recuperando quindici vie con l’ausilio dall’amico argentino Anibal Maturano e di tre suoi amici. Il loro aiuto è stato fondamentale e già che mi trovavo chiodando qua e là, ho prestato la mia opera per il nuovo tiro El que poco abarca mucho aprieta 6b+ subito liberato da Aníbal e commentato con «… un poco menos, 6a+».

Climber in azione

Ora il settore “Erotico” è completamente ripristinato e “Placa Verde” quasi del tutto (sono finite le piastrine e sono quasi impossibili da trovare da queste parti).
Hatun è un’area vastissima con un potenziale enorme ma risulta quasi sconosciuto alla maggioranza dei turisti che vengono a Huaraz per la «cumbre». Ora stanno cominciando a promuoverlo ma il rifugio non del tutto operativo e le vie schiodate non aiutano di certo; ci vorrà tempo.
Nonostante ciò, sono sicuro diventerà un polo di attrazione per l’arrampicata oltre che per le pitture rupestri, anche perché l’altitudine del luogo ben si presta all’acclimatamento per le cime della Cordillera Blanca: vi assicuro che senza allenamento anche il solo risalire le corde a 4.200 metri lo senti eccome!

Panoramiche

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